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Blog di Tiziano Motti: Una Vita più Sana

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Educazione alimentare per bambini: è in arrivo una generazione di consumatori consapevoli

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L’Oms ha recentemente diffuso un report sull’obesità e il sovrappeso tra i più giovani in Europa. In Italia, circa la metà dei bambini di 8 anni è in sovrappeso, e il 20% è obeso, e la percentuale cresce proporzionalmente all’età. Secondo il report, le cause principali di questi dati sono la sedenteriatà – il 60% dei quindicenni italiani non fa abbastanza attività fisica – e la cattiva alimentazione, veicolata da una cultura che promuove i cibi spazzatura, e di scarsa qualità, e quelli contenenti sale, zuccheri, e grassi. Il rapporto è stato discusso alla Conferenza di Alto Livello sulla Nutrizione e l’Attività Fisica, promossa dall’UE; dalla Conferenza sono scaturite tre importanti dichiarazioni d’intenti, che riguardano la promozione di ambienti sani, in particolare quelli scolastici, l’incoraggiamento all’attività fisica, e la formazione ed informazione delle famiglie su una corretta alimentazione.
Le tematiche della Conferenza sono importanti anche per l’onorevole del PPE Tiziano Motti, il quale è impegnato in attività di sensibilizzazione sul valore del nutrimento e sui diritti dell’alimentazione. L’eurodeputato sostiene inoltre, attraverso la sua associazione Europa dei diritti, l’iniziativa di educazione alimentare “Non fare autogol” che è indirizzata ai più giovani.

La famiglia è il primo luogo nel quale i bambini sviluppano le loro attitudini nei confronti del cibo, e apprendono le cattive abitudini alimentari, imitando quelle dei genitori. Affinché i più piccoli apprendano l’importanza di una dieta sana, il pasto deve essere innanzitutto un momento di condivisione, durante il quale l’attenzione è sul cibo; occorre quindi evitare la televisione, e i telefonini a tavola, che distraggono, e trasformano il nutrimento in un’azione meccanica. I bambini dovrebbero invece essere coinvolti nella preparazione del cibo, e nella spesa, cercando di spiegargli la differenza tra i vari tipi di alimenti, e di insegnargli a mangiare molta frutta e verdura, e pochi snack confezionati, che sono ricchi di additivi.

Il secondo luogo in cui i piccoli possono apprendere in cosa consista una corretta nutrizione è la scuola. Il progetto di educazione alimentare “Mangiar bene conviene”, patrocinato dal ministero della Salute, coinvolge un network GPS, ovvero di genitori, pediatri, e scuole; esso promuove l’informazione alle famiglie, e comprende l’organizzazione di laboratori all’interno e all’esterno della scuola, e numerose attività ludiche per i bambini.
La scuola è un contesto importante anche perché in Italia il 50% bambini sotto i 14 anni pranza nelle mense. I progetti relativi a un miglioramento della loro qualità sono in aumento, e tra questi c’è l’iniziativa di Action aid; essa promuove una ristorazione scolastica più sana e sostenibile, prediligendo i prodotti biologici, a km zero, e privi di OGM, che riducono l’impatto ambientale, e riducendo gli sprechi e i rifiuti. Il progetto potrebbe creare una generazione di consumatori consapevoli, che impareranno a nutrirsi in modo sano, e diffonderanno le loro buone abitudini alimentari.

Un team di ricercatori europei ha infine ideato un progetto di “educazione alimentare virtuale”, Pegaso Fit fo Future, sfruttando il fascino e il successo che le nuove tecnologie hanno sui più giovani, in particolare quelle mobili. Il progetto è basato su un sistema di monitoraggio individuale ed ambientale, che comprende il supporto di dispositivi indossabili, e un relativo sistema di feedback; ha l’obiettivo di sviluppare la consapevolezza dei ragazzi, e di promuovere e sostenere la loro motivazione durante il percorso verso uno stile di vita sano. Al centro del progetto c’è, ovviamente, il gioco, e la condivisione in rete delle propria esperienza, che comprende il confronto con i coetanei di altri paesi europei.

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Farmers market, l’educazione alimentare inizia dalla spesa a km zero

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Secondo un’analisi di Coldiretti, in Italia 21 milioni di persone fanno la spesa nei farmers market, e 7 milioni di esse sono clienti abituali.
Questi numeri dimostrano il crescente interesse degli italiani per un cibo più sano e naturale, e l’aumento della loro consapevolezza riguardo al valore di un’alimentazione corretta.
I farmers market costituiscono una salubre alternativa ai prodotti dell’agricoltura intensiva, che sono spesso privi di sapore, ricchi di pesticidi e altri veleni, e sono inoltre sottoposti alle operazioni di pulizia, imballaggio, e trasporto che ne intaccano la genuinità.

I “mercati del contadino” promuovono un’economia della sostenibilità, e creano un circolo virtuoso che è vantaggioso per tutti coloro che ne fanno parte. I farmers market sono basati sulla filiera corta, il cosiddetto “km zero” , che permette al consumatore di acquistare alimenti prodotti dai contadini locali, tra i quali le eccellenze enogastronomiche del territorio.

Per comprendere l’entusiasmo degli italiani per i negozi a km 0, basta analizzare le motivazioni che li spingono a frequentarli; si scoprirà così che al primo posto, a sorpresa, non c’è una motivazione economica, bensì il desiderio di nutrirsi di cibi freschi e sani. Ad essa segue l’importanza di sostenere l’economia locale, soprattutto quella agricola, ed il contatto diretto con il produttore; a quanto raccontano gli stessi commercianti, questo tipo di vendita “senza il filtro della mediazione” arricchisce notevolmente l’esperienza della spesa, in quanto è un modo di rapportarsi più genuino, che dà fiducia, e che permette inoltre uno stimolante scambio di conoscenze e opinioni.

Le motivazioni salutistiche ed emotive contano dunque più di quelle economiche, che si trovano agli ultimi posti della classifica, nonostante i farmers market si caratterizzino comunque per una speciale politica dei prezzi, che di norma sono significativamente inferiori a quelli adottati da altri canali di vendita.
Anche l’eurodeputato Tiziano Motti promuove un’alimentazione sana e naturale, e a km 0. L’onorevole del PPE è membro della Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, e con la sua associazione Europa dei diritti è impegnato in attività di sensibilizzazione su un’alimentazione corretta e sul suo ruolo nella prevenzione di malattie come i tumori.

I farmers market sono molto diffusi nelle grandi città, e assumono un ruolo positivo che contrasta l’alienazione e lo stress delle metropoli, e, secondo alcuni recenti studi, la tendenza all’obesità; questa malattia è influenzata da un ambiente obesogenico, o “che genera obesità”. In un contesto urbano obesogenico come ad esempio quello delle metropoli degli USA, c’è una grande disponibilità di fast food e di luoghi nei quali acquistare cibi spazzatura a basso costo; sono inoltre frequenti le “food deserts”, ovvero le aree cittadine prive di forniture alimentari adeguate. I modelli alimentari a km zero, come i farmers market, e la loro capillare diffusione in tutto il territorio urbano, possono essere un valido strumento per combattere i modelli alimentari insalubri.

Anche nel nostro paese l’obesità è in crescita, in particolare quella infantile; è dunque fondamentale dare ai bambini e agli adolescenti un’appropriata educazione alimentare, all’interno del contesto familiare. Un utile accorgimento è quello di coinvolgerli nella spesa, evitando gli scaffali ricchi di tentazioni insalubri come i supermercati, e prediligendo invece i mercatini di quartiere o gli eventi organizzati dai piccoli produttori della zona, alcuni dei quali ospitano degli angoli adibiti a fattorie didattiche, per far loro conoscere da dove proviene il cibo che mangiano, e la stagionalità dei prodotti agricoli.

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Google lancia la piattaforma digitale delle eccellenze alimentari italiane

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Il Google Culturale Institute, in collaborazione con Mipaaf e Unionecamere , ha realizzato un’innovativa galleria digitale delle eccellenze alimentari del Made in Italy. Navigando all’interno del sito google.it/madeinitaly si può esplorare virtualmente l’Italia per conoscere i prodotti certificati Dop, Igp e Stg nazionali. La piattaforma è un ottimo strumento per far conoscere la cultura enogastronomica italiana agli stranieri, e quindi tutelare il vero Made in Italy dal rischio di contraffazione; come ha avuto modo di rilevare direttamente l’eurodeputato Tiziano Motti, infatti, all’estero si adulterano numerose eccellenze alimentari italiane.

 

**Google lancia il made in Italy 2.0: le eccellenze alimentari diventano digitali**

Il colosso di Mountain View, insieme al ministero dell’Agricoltura e a Unioncamere, ha dato vita a una piattaforma realizzata dal Google Cultural Institute. Sul web per la prima volta i prodotti dell’agroalimentare italiano
Dopo l’annuncio fatto dal presidente di Google, Eric Schmidt, lo scorso 9 ottobre a Roma, è toccato ancora alla città eterna ospitare la presentazione del progetto Made in Italy: eccellenze in digitale che si propone di avvicinare le imprese italiane alla rete e al suo grande potenziale economico e di export, far conoscere il meglio del nostro Paese in tutto il mondo attraverso una piattaforma digitale realizzata dal Google Cultural Institute e valorizzare i giovani come promotori della transizione dell’economia italiana al digitale.

Il progetto si innesta su un’interesse internazionale per il made in Italy già in forte crescita, se è vero che nel 2013 le ricerche legate ai nostri prodotti sono aumentate del 12% sul motore di ricerca, con la moda che rimane la categoria più gettonata e turismo e agroalimentare quelle conla crescita più significativa.
Il made in Italy è ancora poco presente sul web: solo il 34% delle Pmi ha un proprio sito internet e solo il 13% lo utilizza per fare e-commerce, e questo nonostante il modello produttivo italiano sia in grado di rispondere alle esigenze di grande qualità e forte personalizzazione necessarie per avere successo in internet. Per dirla con le parole diSchmidt: “Grazie al web i prodotti di nicchia non sono più costretti in mercati di nicchia”.

google.it/madeinitaly
L’iniziativa Made in Italy: eccellenze in digitale – dalla collaborazione di Google, Mipaaf e Unioncamere, si concretizza nella piattaforma, realizzata dal Google Cultural Institute.
Attraverso un centinaio di mostre digitali fatte di racconti, immagini, video e documenti storici, gli utenti di ogni parte del mondo potranno scoprire le eccellenze del sistema agroalimentare e dell’artigianato italiano, la loro storia e il loro legame con il territorio.
Dai prodotti più famosi, quali Parmigiano Reggiano o Grana Padano,Prosciutto di San Daniele o di Parma, o ancora il vetro di Murano, fino a eccellenze meno note quali per esempio la fisarmonica di Vercelli, il merletto di Ascoli Piceno o la carota novella di Ispica.
È la prima volta che Google realizza un progetto di questo tipo, dedicando una piattaforma alle eccellenze produttive di un singolo Paese.

A questa vetrina, l’iniziativa associa il sito, realizzato insieme alla Fondazione Symbola e con il coordinamento scientifico del professor Stefano Micelli dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che offre un percorso formativo online mirato a fornire agli imprenditori idee e riferimenti pratici per utilizzare il web come mezzo per sviluppare il proprio business.
Poiché storicamente il rapporto delle aziende italiane con le tecnologie digitali è in genere piuttosto conflittuale, Google e Unioncamere offrono ulteriori 20 borse di studio per i giovani “digitalizzatori” che per 6 mesi affiancheranno aziende piccole e medie in diverse regioni d’Italia per aiutarle a portare il made in Italy online.

“La scommessa per il futuro del made in Italy è quella di aprirsi ulteriormente ai mercati internazionali per diventare così un volano di crescita economica ancora più rilevante per il Paese – ha detto Carlo D’Asaro Biondo, presidente Sud e Est Europa, Medio Oriente e Africa di Google -. Google crede che il digitale possa giocare un ruolo importante in questo processo e ha deciso di fornire un contributo concreto per diffondere l’eccellenza italiana nel mondo, a partire dall’artigianato e dall’agroalimentare. Made in Italy: eccellenze in digitale è un’iniziativa pensata e realizzata appositamente per l’Italia, che ci auguriamo possa contribuire ad aumentare la capacità delle imprese italiane di fare export e promuovere ulteriormente la cultura del Made in Italy nel mondo”.

La struttura del sito
In homepage il sito si presenta da subito con una mappa dell’Italia, che evidenzia a quale territorio fanno riferimento i vari prodotti presentati, e una prima selezione di percorsi espositivi.
L’integrazione delle mappe rappresenta una novità nelle modalità espositive dei progetti del Google Cultural Institute, sviluppata appositamente per questa iniziativa dedicata al Bel Paese. Una modalità narrativa che vuole essere anche un invito alla scoperta del territorio, soprattutto per gli stranieri che vogliono visitare il nostro paese alla scoperta delle sue eccellenze.
Cliccando uno dei luoghi evidenziati sulla mappa o su una delle immagini poste a copertina delle mostre, si accederà al percorso espositivo. In alternativa, è possibile esplorare le mostre scegliendo tra quelle a temaCibo e quelle a tema Artigianato oppure utilizzando il pulsante “esplora tutto”, che da accesso a un menù che consente di raffinare ulteriormente la ricerca

I vantaggi pratici
Chi, dopo l’annuncio di Schmidt, si aspettava una piattaforma commerciale, è rimasto deluso.
Quella presentata è in effetti un galleria digitale di alcune delle eccellenze italiane, nella quale troveranno spazio non le aziende, ma – almeno per quanto riguarda l’agroalimentare – i prodotti certificati Dop, Igp e Stg nazionali.
Quale possano essere i vantaggi della creazione di questa sorta di “Museo del made in Italy” è stato chiarito dagli interventi dei rappresentanti dei diversi organizzatori.
“Il progetto può dare alla nostra economia, alla miriade di nicchie di eccellenza, una marcia in più, grazie alla sfida digitale”, ha dichiaratoErmete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, incalzato dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, che ha sottolineato come per sostenere i venti di ripresa, l’Italia debba fare del mondo agricolo e artigianale un punto di forza, puntando alla valorizzazione e alla promozione delle piccole e medie imprese.

“Nel 2014 il Pil dell’Italia dovrebbe tornare a crescere dello 0,7% ma già sappiamo che, come negli ultimi anni, l’impulso proverrà quasi esclusivamente dalla domanda estera grazie ad aumento del nostro export che valutiamo del +3,7% – ha ribadito Realacci -. L’uscita dalla recessione coinvolgerà prima le produzioni presenti sui mercati internazionali e, tra queste, un ruolo centrale è dato dalle imprese del sistema agro-alimentare e dell’artigianato di qualità. L’alleanza con Google è un pezzo importante della strategia per portare a consumatori lontani i nostri prodotti di qualità attraverso una maggiore visibilità sulla rete”.

“Abbiamo fatto una scommessa – ha dichiarato il ministro Nunzia De Girolamo – noi come ministero, Google, il mondo dei consorzi e tutti gli attori che hanno dato vita a questo progetto. Una scommessa ambiziosa:creare l’agroalimentare 2.0. Al Mipaaf questo progetto non è costato un euro. In Italia abbiamo 261 prodotti a denominazione, attraverso la rete vogliamo dare visibilità a tutti quelli che danno vita a prodotti straordinari. Il futuro è nella rete e nell’agroalimentare. Questi due sistemi potranno dare accesso a informazioni e svilupperanno grandi opportunità di lavoro”.

” Stiamo lavorando per portare internet ad alta velocità nelle zone rurali – ha aggiunto De Girolamo – con un progetto dedicato alla banda larga. Attraverso queste pagine possiamo stimolare attenzione di chi le consulta in giro per il mondo e ha la curiosità di venire  a scoprire il nostro Paese”.

Non è solo nella promozione dei nostri prodotti, secondo il ministro, il vero valore dell’iniziativa: la conoscenza del vero made in Italy, infatti, dovrebbe dare un enorme contributo alla lotta all’agropirateria, fenomeno che costa all’Italia oltre 60 miliardi di euro l’anno.

© AgroNotizie – riproduzione riservata

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Energy drink, l’informazione è più efficace dei divieti

energy drink

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Da alcuni anni, gli energy drink sono al centro delle polemiche per i loro effetti nocivi sulla salute dei consumatori abituali, e per la dipendenza che possono causare; alcune aziende produttrici sono state inoltre denunciate per aver fatto pubblicità ingannevole, ed essersi rivolte ad un pubblico troppo giovane.
Nei tempi più recenti, anche a seguito di alcune ricerche, tra le quali quella dell’Efsa i drink sono stati accusati di potenziare il consumo di alcolici.

Il consumo di energy drink si è diffuso anche in Italia, e, nel 2012, il Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare ha prodotto una relazione dettagliata su questo prodotto. Quello che lo distingue da altre bibite è la presenza, tra i suoi ingredienti, di sostanze stimolanti ed energizzanti, in particolar modo la caffeina. Le pubblicità dei drink evidenziano i loro presunti effetti “positivi”, ovvero il miglioramento delle performance fisiche e mentali, e l’aumento della resistenza alla stanchezza; c’è però una differenza tra il consumo di una ridotta quantità di caffeina, che ha l’effetto di migliorare l’attenzione, i tempi di reazione, e la memoria, ed un eccesso di questa sostanza nel corpo, che porta invece all’intossicazione, e ai conseguenti sintomi di nausea e vomito, tachicardia, agitazione, tremore, vertigini, e insonnia.

La relazione del Comitato si sofferma anche sui cocktails di super alcolici ed energy drink che vanno tanto di moda tra gli adolescenti e i giovani adulti, i quali possono essere acquistati perfino on- line, Il mix di questi due elementi può essere molto pericoloso, in quanto la caffeina e le altre sostanze eccitanti contenute nel cocktail mascherano l’effetto depressivo dell’alcol sul sistema nervoso, con tutte le conseguenze fisiche e psicologiche che da questo derivano, ovvero la riduzione dei riflessi, la minore lucidità mentale, e la sonnolenza; il mascheramento può inoltre esporre il giovane consumatore a un maggior rischio di eventi accidentali, e dargli la percezione di aver bevuto poco, spingendolo quindi a continuare a farlo senza porsi un limite.

Dalla relazione emerge che l’unico modo efficace per evitare l’abuso e l’intossicazione da drink, è quello di veicolare una corretta informazione al giovane consumatore. La conoscenza approfondita di un prodotto è importante anche per l’eurodeputato Tiziano Motti, che tramite la sua attività di membro dell’IMCO, la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, e quella di presidente dell’associazione Europa dei diritti, è impegnato nella tutela dei diritti di chi acquista. L’onorevole del PPE, con il progetto di comunicazione sociale Noi cittadini, sostiene inoltre Non fare autogol, un’iniziativa volta a sensibilizzare i giovani su uno stile di vita sano ed una corretta alimentazione.

In Italia le bevande energetiche sono regolamentate da precise norme; esse riguardano la pubblicità, la trasparenza delle etichette, e il contenuto di caffeina, che è stata fissato in una dose massima di 32 mg/100 ml, ovvero l’equivalente di una tazzina di caffè.
Queste informazioni si possono trovare nel sito, costola web di un più ampio progetto del Ministro della Gioventù in collaborazione con AssoBibe.
Un’iniziativa come questa è molto più utile dei “proibizionismi”, che si rivelano efficaci solo a breve termine; infatti, se, ai ragazzi non si danno strumenti adeguati per comprendere la pericolosità dell’abuso di energy drink, essi continueranno comportarsi con leggerezza, e a trasgredire le norme loro imposte dai genitori o dagli educatori per il semplice gusto di farlo.

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Olio adulterato: una frode difficile da smascherare

olio adulterato

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L’olio d’oliva è uno degli alimenti più adulterati. Secondo una relazione della Commissione europea per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, questo avviene perché la sua contraffazione è poco rischiosa per chi la effettua, e il guadagno è molto elevato. La relazione sottolinea inoltre il problema delle sanzioni, che sono spesso inefficaci, e le differenze tra gli Stati membri.

La contraffazione di questo alimento riguarda in primo luogo le olive utilizzate per produrlo, la cui qualità influisce notevolmente sulle sue caratteristiche e sulla sua salubrità. Per ottenere raccolti anche fuori stagione e raddoppiare le vendite, alcuni agricoltori si servono di pesticidi come il dimetoato, molto tossico per l’essere umano; sta all’azienda produttrice decidere se acquistare o meno olive tossiche, mettendo gravemente a rischio la salute del consumatore.

Un’altra frode ampiamente diffusa è quella degli oli deodorati. La deodorazione è un complesso processo di distillazione che consiste nel trattare un olio scadente per nascondere il suo odore acido; spesso, dietro alle bottiglie a basso costo si nasconde un prodotto ottenuto da una miscela di olio di bassissima qualità, deodorato e“tagliato” con altri.
Il procedimento è utilizzato comunemente in quanto il business dell’olio è molto redditizio, soprattutto in Europa, e perché la deodorazione è, paradossalmente, “legale”.
La vendita di olio adulterato danneggia il consumatore, e le diciture sulle sue etichette sono ingannevoli; secondo l’onorevole del PPE Tiziano Motti, le persone dovrebbero invece essere tutelate in ciò che mangiano, in quanto questo rientra tra i diritti dell’alimentazione. L’eurodeputato, che è membro dell’ IMCO, la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, è impegnato da tempo in attività che mirano ad informare i cittadini sui loro diritti.

L’attuale normativa europea inerente all’olio d’oliva tutela il consumatore principalmente dall’acquisto di un prodotto troppo scadente, utilizzando come parametro di riferimento la quantità di alchil esteri contenuta in una miscela. Gli alchil esteri sono dei composti che si trovano nell’olio a causa della combinazione degli acidi grassi liberi con l’alcool metilico; la loro presenza è indice di bassa qualità, ed essa può essere dovuta sia ad errori commessi durante le pratiche di produzione, che all’utilizzo di olive surmature.
Maggiore è la quantità di alchil esteri contenuta, minore è la qualità dell’olio che da “extra – vergine”, degrada a “vergine” o, peggio a“lampante”, una tipologia che non è commestibile.
In Europa è consentita una quantità massima di alchil esteri pari a 75 mg/kg.
Per quanto concerne più specificatamente il nostro paese, invece, il “decreto sviluppo” ha fissato la dose massima in 30 mg;le aziende che non la rispettano possono subire dei controlli, ma nessuna sanzione.
I casi di cronaca riguardanti intere partite di olio contraffatte, dimostrano quanto questo parametro sia impreciso e inefficace per evitare le frodi. Nel processo di deodorazione è infatti possibile far evaporare l’etanolo e il metanolo degli alchil esteri, nascondendo quindi la cattiva qualità del prodotto e rendendolo corrispondente ai parametri richiesti; ecco perché spesso si parla di “deodorazione legale”.
Quello della deodorazione è un vero e proprio sistema criminoso che fa agire in sinergia produttori e distributori e si avvale dell’importante figura dell’”intermediario”, un’azienda specializzata nella produzione di miscele perfette che non permettono di rilevare l’adulterazione.

Per evitare che sulle nostre tavole possa finire un olio dannoso per la salute, sono dunque necessarie norme più restrittive, che siano agevolate dall’utilizzo di metodi di analisi più precisi di quelli attuali, detti “separativi”, e che consentano di verificare immediatamente la presenza di adulterazione.

tumori e alimentazione


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Prevenire i tumori con l’alimentazione

tumori e alimentazione

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In Italia un tumore su tre è causato da cattiva alimentazione. Durante il convegno “Alimentazione, stili di vita e cancro: la parola agli esperti”, che si è svolto qualche mese fa a Brindisi, gli oncologi hanno dimostrato che l’incidenza di tumori, soprattutto quelli dell’apparato digerente, è strettamente legata alla sovralimentazione e all’introduzione di grandi quantità di cibi tossici nella dieta.
La pericolosità per la salute dell’alimentazione scorretta è evidente dalla diffusione dell’obesità e del diabete nel mondo. Queste malattie sono aumentate in modo incontrollabile a causa del consumo di cibi spazzatura e di una vita troppo sedentaria, e colpiscono sempre di più anche i ragazzi e i bambini.

Le associazioni di medici e oncologi stanno cercando di arginare gli effetti nocivi del cibo sulle malattie, promuovendo informazione al riguardo. Il progetto Non fare autogol, ideato dall’AIOM, l’associazione italiana di oncologia medica, ha l’obiettivo di sensibilizzare i più giovani sulla stretta relazione tra cibo, attività fisica, stili di vita e prevenzione dei tumori. L’iniziativa è sostenuta anche dal progetto di comunicazione sociale Noi cittadini dell’onorevole Tiziano Motti, che ha particolarmente a cuore le iniziative legate ai minori. L’eurodeputato del PPE è impegnato da tempo in un’attività di divulgazione sul valore di un’alimentazione sana.

Gli oncologi hanno identificato alcune prescrizioni e una specifica dieta da seguire al fine di prevenire il cancro. Per prima cosa, occorre introdurre la minor quantità possibile di “veleni” nell’organismo; è quindi preferibile scegliere cibi biologici e ridurre il consumo di quelli che contengono conservanti e coloranti. La seconda prescrizione riguarda invece l’aumento delle quantità di verdura e frutta nella dieta, preferendo quelle di stagione, che sono più sane, e acquistandole, se possibile, “a km zero”. Un ultimo prezioso consiglio consiste nel nutrirsi di cibi alcalini, in quanto diminuire l’acidità dell’organismo è un’ottima strategia per rafforzarlo e permettergli di difendersi adeguatamente dalle malattie.

La “dieta anti – cancro” implica un moderato consumo di proteine animali, in particolare di carni rosse, che contengono un’alta percentuale di grassi saturi, e di salumi e insaccati, i quali sono ricchi di grassi e di conservanti; le carni bianche (pollo e tacchino) sono meno tossiche, ma occorre acquistare quelle che non provengono da allevamenti intensivi, nei quali si imbottiscono gli animali di ormoni, antibiotici e veleni simili. È invece consigliato il pesce, in quanto contiene nutrienti molto salutari come l’omega – 3.
Per prevenire i tumori è fondamentale nutrirsi di grandi quantità di frutta e verdura (non trattate), che sono ricche di antiossidanti e possono per questo contrastare l’insorgere delle cellule tumorali. Le verdure più adatte sono quelle crucifere come il cavolo, i broccoli, la verza; questi vegetali contengono infatti elevati livelli di glucosinati, che sono importanti agenti anti – cancerogeni.

Modificare la propria dieta è utile, ma non è sufficiente. Per ottenere risultati duraturi e rilevanti, è infatti necessario modificare il proprio stile di vita, imparando per prima cosa a prendersi cura del proprio organismo, e ad ascoltare i suoi reali bisogni. Il primo di essi è proprio il nutrimento, che dovrebbe diventare un’attività consapevole, nella quale il cibo viene considerato per la sua funzione principale di dare energia all’organismo.
Se si impara a comprendere quali sono gli alimenti che danno sostentamento al corpo senza appesantirlo, né intossicarlo, e la corretta quantità da introdurvi, si possono gradualmente modificare tutte le proprie abitudini insalubri.

Tiziano Motti


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Lo spreco e le scadenze alimentari

Tiziano Motti

Tiziano Motti

L’europarlamentare On. Tiziano Motti ci spiega alcune cose

sulle scadenze alimentari e il grave problema dello spreco

che avviene in Europa nonostante la crisi.

http://www.europadeidiritti.it

 

Visualizza il Video qui sotto:

 http://www.youtube.com/watch?v=nvwMK0fekow

alimentazione made in italy


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Contraffazione alimentare, uno schiaffo al Made in Italy

alimentazione made in italy

alimentazione made in italy

La contraffazione alimentare è un fenomeno molto diffuso in Europa e nel resto del mondo, che colpisce l’Italia al cuore perché danneggia le sue tradizioni alimentari.
Per “contraffazione” si intende la sostituzione di un cibo con un altro di simili proprietà organolettiche ma di qualità nettamente inferiore.
Le attuali frodi alimentari sono spesso collegate al cosiddetto “italian sounding”, che consiste nell’assegnare ad un prodotto contraffatto un nome simile a quello di un cibo tipico della tradizione italiana, come ad esempio: Bolognese, Salam, Milaneza, Macaroni, Olio Pompeian, Palenta, pomodori di collina. Questi nomi suonano ridicoli alle orecchie di un italiano, il quale si accorgerebbe immediatamente che si tratta di falsi, ma i dati sulle vendite dimostrano che i consumatori stranieri li acquistano volentieri, abboccando all’amo. L’agropirateria è uno schiaffo al Made in Italy, al quale le associazioni dei produttori e dei consumatori hanno reagito aumentando la sicurezza e la qualità degli alimenti nostrani.

Il tema delle frodi alimentari è molto importante anche per l’onorevole Tiziano Motti, che è membro del IMCO, la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori che ha recentemente votato a favore dell’indicazione di provenienza nelle etichette dei prodotti manifatturieri. L’eurodeputato di Reggio Emilia conduce da tempo una battaglia per la diffusione dei diritti dell’alimentazione, ed ha verificato personalmente la presenza di vini contraffatti in Gran Bretagna. La denominazione “vini” è in realtà inappropriata, in quanto si tratta di bustine contenenti polverine solubili dalle quali si ottengono sostanze liquide colorate dai nomi grotteschi, quali “Chionti”, Barolla, Belpolicella, Montecino.
Ma come è possibile che, nonostante la rigidità delle norme europee sulla denominazione di origine e l’indicazione geografica, siano in vendita i falsi vini? Questo avviene perché viene adottato l’escamotage di usare nomi simili, ma differenti, a quelli originali, un espediente al quale l’UE non ha ancora trovato un’efficace soluzione.

Tra le punte di diamante italiane più imitate ci sono anche i formaggi, in particolare il Parmigiano Reggiano, che è stato riprodotto come Parmesan cheese e Parmesao.
Poco tempo fa è stato scoperto un preoccupante atto di agropirateria ad opera di Stati Uniti, Australia e addirittura dell’europea Gran Bretagna: un kit per produrre in casa propria il parmigiano, la mozzarella e altri formaggi tipici. Il kit danneggia pesantemente l’immagine del Made in Italy, le aziende produttrici, e soprattutto i casari italiani, il cui lavoro è un’arte che si tramanda da generazioni.

Il nostro paese è noto anche per la pasta, che viene esportata in grandissime quantità. Durante la recente “Giornata Mondiale”di questo alimento, la Coldiretti ha presentato i dati dell’esportazione del 2013, pari a circa 2 miliardi di chili di pasta, con un aumento della domanda del 6% rispetto al 2012. Esso è dovuto soprattutto all’intraprendenza delle aziende del progetto Fai, Firmato dagli Agricoltori Italiani, che esportano un prodotto ottenuto al 100% da grano duro italiano. Questa varietà ha un’alta resa produttiva spontanea, una qualità superiore rispetto ad altre più comuni, e un elevato contenuto proteico; il grano italiano si differenzia dalle diffusissime varietà OGM dello stesso cereale che sono sterili ed hanno un basso valore nutrizionale, e sono inoltre parzialmente responsabili della tossicità al glutine, ovvero della celiachia.
L’innovazione rischia però di essere frenata dalla crisi: il grano viene infatti sottopagato agli agricoltori, i quali spesso non riescono a coprire nemmeno i costi di produzione. La situazione è agevolata dalla mancanza di trasparenza nelle etichette, nelle quali non è obbligatorio indicare da dove proviene il cereale, ed è quindi possibile la contraffazione alimentare.

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Spreco alimentare: anche l’ambiente finisce nella spazzatura

spreco alimentare

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Il recente rapporto del WWF sugli sprechi alimentari ha un nome molto esaustivo, “Quanta natura sprechiamo”, che si riferisce all’enorme sperpero di risorse dovuto al nostro attuale modello alimentare non sostenibile.
Quando gettiamo del cibo nella spazzatura, infatti, oltre a sprecare denaro, consumiamo e inquiniamo acqua, aria, e suolo.
Ogni anno ciascun italiano sperpera 316 euro di cibo; il nostro paese consuma 1226 milioni di litri d’acqua a vuoto, e produce 24,5 milioni di tonnellate di CO2.

Qual è il motivo di tali cifre? In primo luogo il processo industriale; le industrie alimentari emettono tonnellate di CO2 nell’aria, ed enormi quantità di veleni che si propagano nell’ambiente. I dati sul sovrautilizzo di acqua sono particolarmente inquietanti; essa non è adottata solo nell’agricoltura, ma anche negli allevanti intensivi, che ne fanno un uso sproporzionato: basti pensare che per produrre una bistecca di manzo da 1 kg occorrono circa 15000 litri.

Lo spreco alimentare è inoltre una conseguenza delle “cattive” abitudini delle persone, che sono a loro volta frutto di obsoleti retaggi culturali, della disinformazione e dell’assenza di informazione. Molti credono che buttare il cibo nella spazzatura sia sbagliato perché “non si butta via niente” . Questo non avviene per un’“etica ecologica”, bensì per l’atavica paura di perdere qualcosa; in Italia questo attaccamento deriva anche dalla scarsità di cibo che c’è stata durante l’ultima guerra mondiale, la quale spingeva le persone a fare “provviste” .
A tutto ciò si aggiunge la scarsa consapevolezza del processo nutritivo; la vita “comoda”, nella quale abbiamo tutto immediatamente a disposizione, non ci spinge a chiederci come abbia fatto un cibo ad arrivare nel nostro piatto, e perché lo abbiamo scelto.

Secondo il WWF, per superare questa allarmante condizione, occorre un nuovo modello alimentare, più sostenibile e consapevole; dobbiamo modificare radicalmente la nostra vita, fino al punto di influenzare l’intero processo produttivo, dall’azienda al consumatore.

Il problema degli sprechi alimentari è un tema caro anche all’onorevole Tiziano Motti.
L’eurodeputato ha proposto al Parlamento di mettere in atto dei provvedimenti tali da modificare le abitudini non sostenibili dei consumatori. Per ridurre lo spreco di cibo, Motti promuove il sistema della doppia etichettatura; gli alimenti confezionati possono infatti essere mangiati anche successivamente alla loro data di scadenza, e questa informazione dovrebbe essere segnalata sulle loro etichette.

Negli ultimi tempi, complice la crisi economica, le persone stanno più attente alla loro spesa, e tendono ad acquistare di meno, eliminando il superfluo. C’è però ancora molta strada da fare.
Alcuni paesi europei stanno portando avanti progetti eco-compatibili, che sono animati dagli stessi principi, quali la riduzione della quantità di cibo, il miglioramento della sua qualità o di quella della vita, e la condivisione.
È il caso dell’olandese Park Supermarket, che mette al centro della produzione alimentare quello che finora è stato l’ultimo anello della catena, ovvero il consumatore.
In Germania esiste una piattaforma virtuale tramite la quale si può mettere a disposizione il proprio cibo in scadenza.

In Italia i cosiddetti “orti urbani”, oltre a promuovere interazioni costruttive tra le persone e una maggiore consapevolezza degli spazi pubblici, puntano anche al miglioramento della qualità dell’alimentazione, veicolando l’etica biologica e biodinamica. La frutta e la verdura coltivate in questo modo sono molto più sane, gustose, e, soprattutto, ricche di nutrienti rispetto a quelle irrorate di sostanze chimiche o che crescono in ambienti artificiali; questo fa sì che l’organismo ne richieda quantità minori rispetto al solito.

cibi spazzatura


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Obesità infantile: è necessaria una normativa europea sui cibi spazzatura

cibi spazzatura

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In Europa un enorme numero di bambini e adolescenti rischia di diventare obeso.

Da un recente studio è emerso che in media il 15% dei bambini di 5 e 6 anni che frequentano le scuole materne di Polonia, Spagna, Bulgaria, Belgio, Germania, e Grecia, è in sovrappeso; in Spagna lo è il 24% , mentre in Germania solo il 10%.
Il 25% dei bimbi coinvolti nella ricerca ha la televisione in camera, e in Bulgaria arriva addirittura al 70% .

Le preferenze alimentari dei più giovani sono influenzate dalla pubblicità, e la televisione trasmette continuamente spot dei dannosi cibi spazzatura, approfittando della sedentarietà dei ragazzi e alimentandola.
Per questo motivo, numerosi paesi europei hanno deciso di correre ai ripari.
Il più restrittivo in tal senso è la Svezia nel quale dal 1991 il Radio and Television Act vieta la trasmissione di réclames dirette ai bambini inferiori di 12 anni.
In Francia la legge prescrive di trasmettere uno spot inerente alla salute pubblica per ogni spot di “junk food”.
In Ungheria, ogni azienda che produce alimenti contenenti elevate quantità di sale, zucchero e grasso viene pesantemente tassata.
In Gran Bretagna, il paese europeo con il maggior numero di canali televisivi dedicati ai ragazzi, l’Office of Communications ha messo al bando gli spot alimentari che sono indirizzati a loro.

In Italia, e in tanti altri Stati membri dell’Unione europea, non esistono specifiche norme al riguardo. Da tempo si sente però l’esigenza di una regolamentazione europea, come è stato confermato nella recente Conferenza Ministeriale Europea WHO sulla Nutrizione e le Malattie Non Trasmissibili, durante la quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione europea hanno ribadito l’importanza di creare una rete che coinvolga i governi, il settore pubblico e privato, le aziende e i consumatori, e che promuova la salute, una dieta sana, e l’attività fisica.

Gli spot di junk food spesso comunicano concetti “positivi”, quali benessere, genuinità, condivisione, e famiglia. L’azienda produttrice di una popolare bibita gassata, ad esempio, presenta lo zucchero in essa contenuto come una sostanza “sicura e nutriente” , e la crema alla nocciola più famosa al mondo ha puntato sulle confezioni “formato famiglia”, scegliendo come sua testimonial un’educatrice d’infanzia nota al grande pubblico.

Non è semplice boicottare le aziende scorrette, e dimostrare quanto il loro marketing sia dannoso per la salute delle persone; i consumatori devono quindi prestare attenzione ai cibi che acquistano. Come sostiene l’eurodeputato Tiziano Motti, è indispensabile che essi abbiano a loro disposizione tutte le informazioni su uno specifico prodotto. Motti promuove un’applicazione più rigida della Normativa europea relativa alle etichette alimentari, la quale, se venisse rispettata da tutte le aziende, permetterebbe ai cittadini di fare scelte alimentari più consapevoli.

Gli effetti neurologici delle pubblicità dei cibi spazzatura sono stati al centro di due studi dell’università di Yale, che hanno condotto a interessanti scoperte.
I ragazzi esaminati erano più stimolati dagli spot di alimenti e bevande piuttosto che di qualsiasi altro prodotto; tra di essi, però, quelli in sovrappeso si mostravano meno ricettivi, in quanto evidentemente assuefatti a quel tipo di messaggio.
Durante la visione degli spot, nei ragazzi si attivavano le aree cerebrali della “ricompensa”, e del “carving”, ovvero del desiderio compulsivo di assumere una sostanza.
Poiché i bambini sono più permeabili degli adolescenti ai messaggi pubblicitari, è necessario limitare il più possibile la loro esposizione ai pericoli del marketing mediatico alimentare.